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SANTUARIO MADONNA DI TIRANO

 

L'APPARIZIONE DELLA MADONNA

L'inizio del Cinquecento è per la storia di Tirano e per la storia valtellinese in generale un periodo di grandissima confusioe. La caduta di Lodovico il Moro e del Ducato di Milano, che avevano avuto nel complesso effetti benefici sulla Valtellina, crea grosso sconcerto, così come la presenza dei Francesi, occupati più a ricavare i maggior utili possibili dalla loro fugace permanenza, che a risolvere i problemi della Valle. E infine le gravi preoccupazioni della popolazione valtellinese (cattolica), trasmesse ed alimentate da un clero molto attento (ma non poteva che essere così perchè quella era in genere l'aria che si respirava in quegli anni), all'arrivo dell' "ondata diabolica dei protestanti", attestati per ora appena al di là delle Alpi, ma pronti già da tempo ad "invadere" le terre valtellinesi. In questo contesto deve essere inquadrata l'Apparizione della Madonna del 1504 e la successiva costruzione del Santuario di Tirano. Per aiutare un po' i nostri lettori ad entrare nello spirito del tempo, riportiamo alcune pagine della descrizione che di quell'avvenimento fece il sacerdote Simone Cabasso che nel 1589 fu nominato dal vescovo Ninguarda parroco di Tirano. E' la prima descrizione dell'Apparizione della Madonna e fu stampata a Vicenza nel 1601 dall'editore Pietro Gioannini con il titolo "Miracoli della Madonna di Tirano". Come abbiamo già avuto modo di notare, Simone Cabasso fu anche uno dei più vivaci polemisti nei confronti dei protestanti e partecipò a numerose dispute teologiche per sostenere le tesi cattoliche. Scrive dunque il Cabasso che nell'anno 1504:

"quando la Valtellina era governata dalli Serenissimi Duchi di Milano, nel giorno di S. Michele alli 29 di Settembre diede occasione, che si fabbricasse questo Tempio al culto di sua divina Maestà, ad honore della Vergine Santissima in riverenza di S. Michele, e de Chori Angelici. In questo luogo dunque, dove hora è fabricata la Chiesa della Madonna di Tirano, luogo molto ameno, circondato d'altissimi monti, al lato del quale scorre un rapidissimo fiume per nome dimandato Poschiavino, che scende dalle Alpi; che dividono la bell'Italia dalla vastissima Germania, luogo non più lontano dalla Magnifica Terra di Tirano, nobilissima di tutte quelle di Valtellina, non più di un picciol miglio italiano, fu fatta l'apparitione della Vergine Santissima in questo modo. Nel giorno di S. Michele del già nominato anno un certo huomo di santa vita e religiosi costumi, che Mario haveva nome, della nobile famiglia de gli Homodei, essendosi levato e partito dalla paterna casa, che era edificata non più lontano, che un tirar di pietra, dal luogo, dove ora giace la Chiesa della Madonna, prima che il sole spargesse i suoi desiati raggi sopra la terra, anzi prima, che l'alba nella cima dei pietrosi monti apparisse, per andarsene aduna sua vigna, per riportarne da là alcuni pochi frutti, è pena fu partito, che gli parve che le cime de' monti da nova e inusitata luce fossero illuminati. Il che mentre fra se stesso, non senza qualche timore, considerava d'onde procedesse, si sentì manifestamente alzar da terra, e esser trasportato in un horticello, che quivi tra luochi deserti e inculti giaceva, e deposto che fu sopra la terra, come prima gli pareva, che i monti da chiarissima luce fossero illuminati, così deposto in terra avanti gl'occhi se gli presentò una Verginella, che pareva d'età di 14 anni, o poco più, vestita di habito candissimo, dalla quale conobbe esser proceduto il passato lume, che rìsplender faceva gli eminenti monti. Era questa Verginella da moltitudine celeste accompagnata, la quale dimandando questo buon Mario per proprio nome, a guisa dell'angelo, che già apparve all'antico patriarca Abrahamo, dicendogli Abrahamo, Abrahamo: gli rispose il buon Mario, alla prima dicendo, bene, ed ella bene havrai, gli rispose: vattene (soggiunse la Verginella) a Tirano, e dirai a quel popolo, che in questo loco si faccia un Tempio per il culto e religione dell'eterno e vero Iddio, dedicatesi in honore dei mio nome, il che sentendo inginocchiandosi in terra rispose: O Gloriosa Vergine, come crederanno mai, che tu sii quella, che mi mandi? Non è meraviglia che il buon Mario gli dicesse tali parole, poi che tali furono le parole di quel giusto Zaccaria, al quale apparve l'Angelo Gabriele, quando gli disse, e come crederò questo? A cui disse la Vergine, digli, che non ricevendo essi questo mio precetto, la peste che hora si ritrova ne gl'armenti suoi, si convertirà nelle loro persone (era in quelli giorni grandissima mortalità di bestie nel loco di Tirano) e in segno di questo, che hora ti ho detto, il fratello tuo Benedetto, quale hieri lasciasti in infermità tale, che da tutti era disperata la sua sanità, ritrovasi del tutto risanato e libero d'ogni infermità. Il che detto disparve, lasciando quivi tanta fragrantia di soavi odori, quanta mai odorasse alcun mortale. Riposatesi alquanto il buon Mario, hora circondato da paura, hora da maraviglia e hora da consolatione, fattasi l'aurora, levatosi da terra inviossi verso Tirano, dove prima entrando nella Chiesa Parrocchiale, dedicata sotto il titolo del glorioso flessore Santo Martino, ritrovandosi quivi il popolo per sentire la prima Messa, stava fra se stesso con le lagrime a gl'occhi più pensieroso, che mai, da una parte considerando il precetto della Vergine, dall'altra parte considerando la difficoltà del fatto. Dove che, a guisa di quel buon Giona, pensava fuggirsene, e non dire cosa alcuna. Pur ultimamente dato il suo contento alla giusta ispirazione, deliberò di eseguire quanto gli era stato comandato, pensando, che se tale era la volontà del vero Iddio, appresso il quale cosa alcuna non è difficile, il tutto si sarebbe con felice effetto mandato in esecuzione (il che hoggidì vediamo esser fatto) e così posto nella porta del Tempio, finiti i divini sacrificij, incominciò, non senza gran gemiti, con alta voce gridare (sì che da tutti fosse comodamente sentito) che gli volessero prestar grata udienza, e pensando essi, che facilmente volesse ragionare della morte di suo fratello, (quale tutti pensavano già esser morto) si fermarono al suo loco. All'hora Mario con tremolante voce disse: Popolo di Tirano, ti annontio, e commetto da parte della gloriosa Vergine Maria, che tu faccia un tempio nell'orticello vicino al ponte della Fola, dove a me è apparsa, da quest'occhi questa mattina è stata vista; il che se tu recuserai, ti minaccio che la peste, che hora si trova negli animali, lasciando quelli, salirà sopra di te. In segno di che m'ha detto di più, che averei trovato mio fratello sano. Hallora fu da molti schernito, e deriso... nondimeno per il segno dato della sanità dell'infermo fratello, qual ogn 'uno istimava già esser passato da questa vita, quasi sorridendo, andiamo a vedere il suo rìsanato fratello, dicevano, giunti alla casa lo ritrovarono fuori dal letto senza febra, senza molestia alcuna, solo con la debilità, e estenuazione della lunga infermità.. Fu all'hora creduto a Mario, quanto egli aveva detto, e specialmente da' Medici, quali sapevano in qual termine havevano lasciato l'infermo nel precedente giorno: per il che redunati molti deliberarono far quivi un Tempio di non molta spesa, il quale in pochi giorni hebbe principio, e quasi fine. Uà per il concorso di molti fedeli, oppressi da varie, e insanabili infermità, quali devotamente chiedendo a Dio per intercessione della Vergine Santissima aiuto delle loro infermità, si partivano liberi e risanati, lasciando il segno della loro infermità; per questo fu poi bisogno che di nuovo fosse ampliato questo sacro Tempio, e posti nuovi fondamenti alii 25 marzo 1505...".

La ricostruzione del Cabasso continua con un lunghissimo elenco di fatti miracolosi che a detta dell'autore si sarebbero svolti con l'aiuto della Madonna di Tirano interessarono fedeli provenienti un po' da ogni parte della Valtellina e della Valchiavenna ma anche da molto più lontano.

 

IL SANTUARIO

Come abbiamo visto, nei giorni successivi all'incontro della Vergine con il beato Mario degli Homodei (29 settembre 1504), venne costruita in tutta fretta una piccola cappella sul luogo dell'apparizione. Questa però si rivelò subito del tutto inadeguata a contenere il gran numero di persone che da ogni parte arrivavano a Tirano richiamate dalla notizia di quell'evento miracoloso. Successe così che il 25 marzo del 1505 si pose la prima pietra per la costruzione di una nuova e più imponente chiesa. Al momento stesso della posa della prima pietra, venne steso un atto notarile (notaio Tomaso da Canobio), dal quale apprendiamo che il tempio veniva eretto "in onore e sotto il titolo della gloriosa Vergine Maria, a nome e per mandato del comune di Tirano". Queste parole dell'atto notarile sono di estrema importanza perché consentiranno al comune di Tirano di rivendicare i suoi diritti sul Santuario della Madonna e di vederli riconosciuti definitivamente dallo Stato il 15 dicembre del 1873. Una piccola iscrizione, con la data 21 marzo 1506, che si trova sulla porta d'accesso del lato sud dell'attuale Santuario, testimonia come i lavori per la costruzione della nuova chiesa vennero effettuati con molta celerità. Non sappiamo purtroppo con precisione a chi si deve il progetto per la costruzione del Santuario, ma gli studiosi sembrano orientati nell'attribuire l'opera ai fratelli Rodari di Como, artisti che lasciarono ottime tracce della loro presenza in Valtellina.

La chiesa attuale 

Nelle sue linee essenziali il santuario era già terminato nel 1513 e venne ufficialmente consacrato il 14 maggio del 1528 dal vescovo di Como Cesare Trivulzio, durante una sua visita in Valtellina. Nei due secoli successivi la posa della prima pietra, la chiesa subì alcune importanti modifiche e completamenti. 

Il campanile 

La torre campanaria, della quale non conosciamo la data di inizio della edificazione, venne completata nel 1578, ad eccezione del cupolino, la cui costruzione avvenne nel 1641, ad opera di Pietro Marni di Bormio. Sul lato est della torre, erano posti gli stemmi delle Tré Leghe (Lega Caddea, Lega Grigia e Lega delle Dieci Diritture), realizzati dal pittore valtellinese Cipriano Valorsa. Appena terminata la costruzione del campanile, vennero acquistate tre campane, delle quali sfortunatamente non sappiamo molto. Una delle poche notizie che si conoscono è che vennero eseguite da un certo "maestro Chlaudio dela paze del ducato di Lorena, maestro dele campane", che realizzò appunto tré campane "una di pesi 160, la mezana pesi 550, e la picinina pesi 36", il tutto per 268 lire. Le campane vennero poi più volte rifuse ed il loro numero venne portato a cinque. Terminiamo ricordando che il primo orologio del campanile venne commissionato nel 1577 al chiavennasco Lorenzo Peverelli (quello attuale è opera di Luigi Maccaferri di Gallarate e venne costruito nel 1828). 

La cupola e la facciata 

La cupola ed il sottostante tiburio vennero progettati ed eseguiti sotto la direzione dell'ingegner Pompeo Bianchi di Moltrasio tra il 1580 ed il 1585. In cima alla lanterna che si trova sulla sommità della cupola, venne posta nel 1589 una statua di S. Michele in rame sbalzato (argentato e dorato), opera di buona fattura di Francesco Guicciardi di Ponte in Valtellina. Di questa statua e del suo intervento contro le truppe grigioni, abbiamo già parlato nelle notizie storiche. Ora il valoroso S. Michele (che ruota seguendo il vento), viene osservato dai Tiranesi per capire che tempo farà il giorno dopo. Da alcune annotazioni (Cornacchi, 1621 ) veniamo a sapere che nella lanterna era posta "una gran lampada che per i passeggieri serve a gran lontananza la notte, per guida e scorta". Nel 1676 venne completata la bella facciata, chiusa in alto da un grande frontone circolare rinascimentale-veneziano. Il santuario è stato completamente rimesso a nuovo nel 1967, con radicali lavori di restauro, ed è stato ripulito dalle incrostazioni del tempo in occasione del grande Giubileo del 2000.

Il portale maggiore 

Il pregevole portale è opera di Alessandro Della Scala (nativo di Carona sul lago di Lugano). E' in marmo bianco locale, estratto da una cava esistente nei pressi della frazione di Cologna, in località "Pomo" (venne adoperato anche nella costruzione di altre parti del santuario). La sua costruzione venne iniziata nel maggio del 1529 e richiese alcuni anni di lavoro (sull'architrave troviamo infatti la data 1534). E' un'opera di grande eleganza, tra le migliori nelle chiese di Valtellina, che richiama, come qualche studioso ha osservato, il grandioso portale della Certosa di Pavia. Il primo sguardo è per le due colonne ai lati che presentano il fusto squisitamente cesellato, con decorazioni di foglie, fiori e frutta su tutta la superficie. Al di sopra dell'architrave troviamo un bassorilievo con l'apparizione della Madonna al beato Mario, mentre nelle due nicchie ai suoi fianchi, ci sono le statue di S. Pomerio (a sinistra) e S. Perpetua (a destra). Nella parte triangolare in alto (timpano), si trova un bassorilievo con la Pietà, circondata da quattro testine di angeli e da due angeli interi. Il portale termina con un altro bel bassorilievo raffigurante S. Martino che taglia il suo mantello per darlo ad un povero. Il portone in legno è a due ante e rappresenta un buon lavoro di intaglio (è firmato e datato Arnolt Tiafelt -1602). 

Le porte laterali 

Le due porte laterali, una sulla facciata sud, l'altra sulla facciata nord del Santuario, sono molto interessanti e molto simili tra loro. Non si sa da chi furono eseguite queste due opere ma, dall'esame dei numerosi lavori dei fratelli Rodari (che furono buoni architetti, scultori e decoratori), si pensa che possano essere attribuite con qualche certezza ad uno di loro, Bernardino Rodari. II portale che si apre sul lato sud è il più ricco ed elegante (come abbiamo detto è questo che porta la piccola scritta "adì 21 martii 1506"). Presenta due medaglioni nei quali si possono riconoscere l'imperatore Massimiliano I e Bianca Maria Sforza, figlia del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza. I due medaglioni che si trovano nel portale a nord, raffigurano invece Luigi XII di Francia e la regina Anna di Bretagna. Terminiamo la descrizione dell'esterno del Santuario ricordando due altre opere: la piccola porta del campanile, che si apre sul lato est e la fontana che si trova al bordo della piazza verso ovest. La prima è una pregevole porta in ferro battuto, dovuta ad un ottimo artigiano di Tirano, Renzo Antamati, che la realizzò nel 1933. Con questa porta, che si trova alla base del campanile, si può accedere al campanile stesso ed alla chiesa. La seconda, di non grande pregio, venne realizzata per abbellire la piazza, nel 1780 da Gabriele Longhi.

L'INTERNO DEL SANTUARIO

Il visitatore, appena entrato nel Santuario, rimane frastornato e molto impressionato dalla quantità infinita di stucchi, affreschi, intagli, tele, sculture ed opere di tutti i tipi che occupano ogni centimetro quadrato della chiesa. Il Santuario è a due bracci, uno corto ed uno lungo (croce latina), ed è diviso al suo interno, in senso longitudinale, da tre navate per una lunghezza di poco più di 20 m ed una larghezza di circa 14 m. 

L'altare dell'Apparizione 

Iniziamo la nostra visita alla chiesa, dall'altare dell'Apparizione, che si incontra sulla sinistra entrando dalla porta principale. Quello che noi osserviamo oggi, non è purtroppo il primitivo altare costruito sul luogo dell'Apparizione della Vergine. Come abbiamo già avuto modo di ricordare, l'altare più antico venne spogliato nel 1798 in seguito ad un decreto del Governo della Repubblica Cisalpina. Quel primo altare doveva essere davvero un'opera di grande bellezza. Così infatti descrive l'ancona, che ornava questo altare, Antonio Cornacchi nel 1621 : "Sovra l'altare pende un'Ancona quadrata, da tutte le quattro parti sottilmente lavorata, conl'effige di N.S. Santissima in piedi, che chi la vede per la sua bellezza resta stupito, con comitiva d'Angioletti all'intorno, con vari e diversi quadretti de principali Misteri di N.S. e di miracoli successi, tanto sottilmente lavorati che'è stimata una delle maggiori e più belle ch'oggidì si ritrovino". Questa ancona era opera di Giovanni Angelo del Maino, uno dei migliori intagliatori del suo tempo al quale si deve, tra l'altro, la più bella ancona lignea che la Valtellina possieda, quella che si trova nella chiesa dell'Assunta a Morbegno. Di questo artista rimane nell'altare, la bellissima statua in legno della Vergine, sul capo della quale, nel 1690 venne posta una grande corona d'oro. Il prezioso mantello di seta ed oro che ricopre le spalle della Madonna, venne donato dai Valtellinesi, dopo un triste periodo di pestilenze, nel 1746. Sul retro dell'altare una piccola tavola in legno ricorda il luogo dove la Vergine pose i suoi piedi nel momento dell'apparizione. Attorno si può osservare un gran numero di ex-voto, testimoni della fede e della devozione dei tanti pellegrini che qui accorrono. L'altare attuale, che sostituisce quello distrutto, venne eretto negli anni 1801-1802 da Gabriele Longhi di Viggiù. Di un certo interesse è la bella cancellata posta sopra la balaustra, opera del 1792, dovuta ai fabbri Pietro Antonio Citerio e Giovanni Maria Acquistapace di Morbegno (sappiamo anche che il prezzo pattuito fu di 5000 lire). Ai lati dell'altare ci sono anche due cassapanche intarsiate di buona fattura, probabilmente della seconda metà del Cinquecento, che si dice siano state eseguite su disegni di Cipriano Valorsa. 

L'affresco dell'Apparizione 

A fianco della cancellata in ferro dell'altare della Vergine, si incontra un antichissimo affresco che ricorda l'Apparizione. Pur essendo stato in parte rovinato dalla collocazione del confessionale in legno intagliato (pregevole lavoro di Domenico Colombo del 1627), è un'opera di grande interesse. Soprattutto per il fatto che la possiamo considerare la prima "carta topografica" della zona intorno al Santuario e vi si possono leggere informazioni molto importanti come la presenza della chiesetta di S. Perpetua o del castello di Piattamala.

L'organo 

E' sicuramente l'opera che più di ogni altra attira lo sguardo del visitatore con un fascino, dal quale non è possibile sottrarsi. E' un'opera gigantesca che occupa una porzione non piccola del Santuario e che sembra quasi essere stata collocata qui a forza, pronta a scoppiare per ogni dove da un momento all'altro. Qualcuno ha scritto che "la sua grandezza mal si confà ad un tempio di dimensioni modeste" come questo. Come abbiamo già sottolineato, noi crediamo invece che anche questo lavoro pregevolissimo, che non ha eguali in Valtellina, ben si adatti in questa "caotica" e ricchissima sovrabbondanza di linee, forme, colori ed opere.

L'organo è appoggiato su otto colonne di marmo rosso, proveniente da Arzo nel Canton Ticino. La grande cassa in legno intagliato e scolpito fu realizzata dall'artista bresciano Giuseppe Bulgarini tra il 1608 ed il 1617. Ma la parte più pregevole dell'organo, i tre pannelli del parapetto, vennero eseguiti solo alcuni anni più tardi, nel 1638, dal milanese G.B. Salmoiraghi. Sono tre piccoli capolavori che rappresentano la Natività, l'Adorazione dei Magi e la Circoncisione. La parte strumentale dell'organo, che in un primo tempo venne commissionata ai fratelli Domenico e Tommaso Meiarini di Brescia, fu poi affidata, in seguito a forti contrasti, a Cristoforo Valvassori, che stava dirigendo, proprio in quegli anni, la costruzione dell'organo della parrocchiale di Talamona. Il nuovo organo venne collaudato sul finire del 1609 dall'organista Ottavio Bargnani. Concludiamo questi cenni ricordando che in occasione della Passione l'organo veniva ricoperto da una grande tela, con l'Incoronazione della Vergine, opera del pittore bormino Carlo Marni (1650).

L'altar maggiore 

L'altare maggiore venne realizzato, con marmi neri di Varenna ed altri marmi di vari colori, nel 1748 da un buon artigiano di Clivio, G.B. Galli, al quale si devono anche, non solo le balaustre del medesimo altare, ma anche quelle dell'altare dell'Apparizione, descritto in precedenza. Sul retro dell'altare si trova un artistico coro, ottima opera di intaglio del 1749, dovuta a Michele Gramatica ed a Lorenzo Visentini. Del 1769 è la statua in rame argentato e dorato, di S. Michele Arcangelo, lavoro di un discreto artigiano di Morbegno. Sulle pareti dell'abside e del presbiterio ci sono cinque grandi tele dipinte tra il 1634 ed il 1637 da Giambattista Recchi, che rappresentano l'Incoronazione e la Natività della Vergine, l'Annunciazione, la Presentazione al Tempio e l'Assunzione in Cielo. Pregevoli sono anche due lavori di intaglio, due cassapanche con schienale, che si trovano ai lati dell'altare, opere di G.B. Piaz, che una cinquantina di anni prima aveva già eseguito le due credenze in noce della sacrestia. Sempre in sacrestia si trova un piccolo bassorilievo in marmo, nel quale è raffigurata la Vergine col Bambino, tra S. Pietro e S. Paolo ed una Pietà, opera pregevolissima del 1519, di Alessandro Della Scala. 

La cantoria 

La cantoria, che si trova proprio di fronte al monumentale organo, fu costruita, tra il 1768 ed il 1770, da Giovanni Antonio Pianta. E' abbellita da numerose pitture, sia sul parapetto, che nella faccia inferiore, attribuite al pittore morbegnese Giovanni Pietro Romegialli. Nella faccia inferiore troviamo l'Assunta in mezzo agli angeli, sul fianco il Beato Mario, che racconta ai Tiranesi della Visione appena avuta e davanti, l'Apparizione della Vergine, l'Annunciazione e la Visitazione. 

Il pulpito

E' un'opera in legno intagliato di grande bellezza, artisticamente molto efficace, arricchita da numerose piccole statue. Fu costruito nel 1599. Qualche affinità estetica ha fatto pensare che potrebbe essere un'opera di quel Giuseppe Bulgarini, che abbiamo visto impegnato, dal 1608, nella costruzione della grande cassa dell'Organo. 

Opere sparse 

Le decorazioni a stucco che adornano ogni angolo libero all'interno del Santuario,vennero iniziate nel 1590 da Pompeo Bianchi (che vi lavorò insieme al figlio Giuseppe ed a Domenico Fontana, noto stuccatore proveniente da Muggiò). In seguito partecipò ai lavori, che vennero completati nel 1608, anche Martino Borseri di Lovere in Valcamonica. Le due tele degli altari laterali vennero dipinte nel 1840 ad opera del pittore sondriese Antonio Caimi e rappresentano la Vergine con il Bambino insieme a S. Anna e la morte di S. Giuseppe. Accanto alla scaletta di accesso al pulpito, si trova una piccola acquasantiera del 1534, opera di Alessandro Della Scala. Gli affreschi che ornano la navata centrale sono attribuiti a Cipriano Valorsa, il più interessante tra i pittori valtellinesi e dovrebbero risalire agli anni 1575-1578. Le pitture che si osservano invece nelle navate laterali vennero eseguite probabilmente intorno alla metà del Seicento e consistono in affreschi ed in dipinti su lastre di rame (utilizzate per coprire affreschi più antichi del tutto deteriorati). Il pavimento in marmo bianco, nero e rosso fu realizzato da Gregorio Solari e Stefano Carioli, artigiani ticinesi, nella seconda metà del Seicento. E infine, nel 1904, in occasione dei 400 anni dall'Apparizione della Madonna, la ditta Beltrami di Milano eseguì le vetrate policrome che adornano la chiesa.

 

 (tratto da: "Tirano e il suo Santuario" di Antonio Boscacci - 1993)

 

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Ultimo aggiornamento: 7 gennaio 2015

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