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LA CHIESA DI S. MARTINO

La chiesa di S. Martino è la chiesa madre della parrocchia di Tirano, che si estende dal confine con la Svizzera fino all'alpe di Trivigno. Come abbiamo visto nelle note storiche, durante la visita del vescovo di Como Feliciano Ninguarda nel 1589, avvenne il distacco della chiesa di S. Martino dalla chiesa più antica di Villa di Tirano e la nomina del primo parroco, Simone Cabasso. Tra le due comunità, quella di Villa e quella di Tirano non correva buon sangue e questo atto contribuì a creare nuove tensioni. Nel 1629 poi, il vescovo di Como, Carafino, nonostante le grandi manifestazioni di protesta degli abitanti di Villa, concesse alla chiesa di S. Martino il titolo di collegiata dando al suo parroco il titolo di prevosto e di Vicario Foraneo. Questi cambiamenti di carattere eminentemente religioso non fecero altro che confermare l'espansione di Tirano ed il nuovo ruolo che questo paese stava assumendo all'interno della comunità valtellinese. Comunque, mentre possiamo datare con certezza la nascita della parrocchia di S. Martino, è invece estremamente arduo stabilire l'epoca in cui sorse la chiesa omonima. Forse, come suggerisce qualche storico, della primitiva chiesa di S. Martino rimane solamente il bel portale che troviamo sul fianco nord, le due cappelle laterali (almeno nelle loro linee esterne), trasformate in sacrestie e, naturalmente, il campanile. Se non sappiamo l'origine precisa della chiesa di S. Martino, abbiamo però alcuni interessanti documenti da riportare, In una deliberazione comunale del 22 novembre 1253 troviamo scritto: "Nei portico di S. Martino al suono della campana secondo il costume del luogo di Tirano, sì radunano i vicini secondo il loro diritto. Presiede Giovanni Bazo messo e delegato di Egino Venosta podestà Mi comune di Tirano..." ' Queste righe sono dovute al notaio ' Oprando de Ripa, che "redasse il verbale" di quell'assemblea. Allo stesso notaio si deve la stesura di un'altra deliberazione comunale del 27 maggio 1255: "Nella pubblica adunanza a Tirano sotto il portico di S. Martino, suonata la campana e radunato il consiglio per ordine dei decani del Comune, Giuliano figlio di Lorenzo Aleti e Beltramo fu Ade de Bado..." Questi interessantissimi documenti testimoniano come, alla metà del '200 esistesse già la chiesa di S. Martino e come, sotto i suoi portici, si tenessero le adunanze della comunità di Tirano. Ma i portici delle antiche chiese avevano anche naturalmente, grande importanza nella vita religiosa di una comunità, perché era proprio sotto i portici che si svolgevano alcune cerimonie connesse con il Battesimo. Qui avveniva infatti l'istruzione dei neofiti, un esame per accertarne le buone qualità religiose e le cerimonie introduttive al conferimento del Battesimo vero e proprio. Da altre fonti sappiamo che la primitiva chiesa di S. Martino aveva tre altari, uno dei quali, il 29 giugno del 1301, venne dedicato a S. Pietro ed un altro, nell'aprile del 1460 era dedicato a S. Giovanni ed a S. Bernardino da Siena. Purtroppo questi documenti non ci dicono null'altro sull'origine della chiesa anche se c'è chi ipotizza che potrebbe addirittura essere sorta nel lontanissimo VII° secolo. Per il resto, l'antica chiesa di S. Martino non esiste più e la chiesa attuale, come succede spesso, non è altro che il risultato di successivi rifacimenti, non sempre armonicamente fusi tra loro. Questo crea spesso un senso di stridore e quasi di fastidio. Come non è difficile notare, la chiesa, nel suo impianto attuale, risale alla metà del '600. In quegli anni infatti, l'allora prevosto di Tirano, don Rinaldi, la fece riedificare dalle fondamenta. Al 1870, quando il prevosto era don Albonico, risale invece la ricostruzione della facciata, che venne eseguita su disegno dell'architetto milanese Mocciacchini. E sempre a quegli anni risale anche il piccolo pronao che porta gli affreschi un po' mal ridotti del pittore valtellinese Giovanni Gavazzeni (1841-1907). Nel 1914 venne aggiunta alla chiesa l'abside rotonda con la cupola. Sempre restando all'esterno della chiesa ricordiamo che nel 1953 venne abbattuta la vecchia casa parrocchiale (che si trovava a ridosso della chiesa ed era diventata in un certo senso un ostacolo), ne venne costruita una nuova e più spaziosa, mentre allo stesso tempo venne sistemata la piazza. Queste trasformazioni hanno permesso una maggior valorizzazione della chiesa, non più soffocata dalle costruzioni intorno. La piazza è stata poi successivamente (1958) abbellita da un bel trittico in rame lavorato a sbalzo, opera dello scultore Renzo Antamati. Sul fianco sud della chiesa si trova una bella meridiana che porta in alto la data del 1674.

L'interno della chiesa

E' una chiesa con tre navate, che sono divise da otto colonne lisce in muratura, collegate da archi a tutto sesto. Entrando dal fondo, si incontrano 10 cappelle, ricavate nei muri laterali, 5 sulla sinistra e 5 sulla destra.

La prima cappella è dedicata a S. Giuseppe. E' forse la più interessante delle 10 cappelle. E' interamente in legno scuro intagliato con colonne ritorte pure in legno arricchite con decorazioni in "oro". Nel complesso è una buon lavoro di intaglio. Nella pala d'altare troviamo S. Giuseppe che appare a S. Francesco Saverio (missionario della Compagnia di Gesù in Oriente), prima della sua morte, avvenuta in Cina nel 1552. La vetrata policroma (come le altre che incontreremo) è opera di buona fattura dei laboratorio ginevrino di G. Jourdan e risale al 1909. In alto c'è una piccola scritta che ci fa capire come questa cappella sia un ex voto della seconda metà dell'ottocento (1880) per la liberazione dei vigneti dal terribile flagello della Fillossera (un piccolo insetto, che seminò preoccupazioni e mise sul lastrico moltissime famiglie, la cui economia era legata alla coltivazione della vite). Accanto alla cappella, a fianco dell'entrata, c'è una lapide che ricorda i volontari della guerra di indipendenza del 1859, alla quale parteciparono oltre un centinaio di tiranesi.

Nella seconda cappella si trova un grande crocifisso ed il fonte battesimale con una copertura in rame sbalzato, sormontata da due piccole statue raffiguranti il battesimo di Giovanni. Nella vetrata in alto è rappresentata una scena evangelica molto conosciuta: Maria Maddalena che asciuga i piedi di Gesù. C'è poi una piacevole tela del 700, in buono stato di conservazione, nella quale è raffigurata la circoncisione di Cristo.

La terza cappella è dedicata alla Vergine del Rosario. E' una discreta costruzione marmorea, che fu voluta dal canonico Giuseppe Antonio Merizzi nel 1758. La statua della Madonna con il bambino è una scultura lignea che risale agli inizi del novecento. Ai lati della statua si vedono 4 piccoli affreschi di poco interesse, che rappresentano dei santi.

Nello spazio riservato alla quarta cappella è stata ricavata l'entrata laterale nord della chiesa. La vetrata policroma in alto raffigura S. Martino nell'atto di tagliare a metà il suo mantello per farne dono ad un povero.

La quinta cappella è dedicata a S. Pietro. Nella pala d'altare si vede questo apostolo mentre riceve da Cristo le chiavi del potere pontificio. E' un'opera ottocentesca dovuta al pittore romano Gagliardi, che ricevette l'incarico per questa tela (ed un'altra a cui accenneremo più avanti) da due illustri valtellinesi, il conte Luigi Torelli ed il ministro Giovanni Visconti Venosta.

I grandi affreschi dell'Altare Maggiore sono opera novecentesca di buona fattura del pittore Luigi Morgari. Proprio sulla destra, in basso, dell'ultimo affresco appare la firma del pittore e l'anno in cui vennero eseguite queste opere (1929). Fino a non molti anni fa la chiesa aveva anche un bellissimo pulpito del '500. In seguito alle trasformazioni liturgiche di questi ultimi decenni, il pulpito è stato smembrato così da ricavarne dei pannelli. Con questi pannelli sono state costruite la nuova mensa rivolta verso i fedeli ed i due leggii laterali. La mensa ed i leggii sono arricchiti da 6 piccole statuette in legno, raffiguranti santi, apostoli e la Madonna.

La sesta cappella è dedicata a S. Giovanni Battista ed ha una tela raffigurante questo santo. E' un'opera settecentesca del pittore tiranese Omodei.

La settima cappella è dedicata a S. Vincenzo Ferreri. Nella pala dell'altare è raffigurata la Vergine con Bambino tra piccoli angeli e santi. E' un lavoro del pittore valtellinese Antonio Caimi (nato a Sondrio nel 1811 e morto a Milano nel 1878).

La nona cappella è occupata da un semplice confessionale in legno, al di sopra del quale c'è una tela del pittore valtellinese Giovanni Gavazzeni. Vi si trova rappresentata la Sacra Famiglia con alcuni piccoli angeli. Proprio questi piccoli angeli sono al centro di una curiosità legata a questo quadro. Infatti, quando il Gavazzeni venne contattato da don Luigi Albonico (che fu parroco di Tirano per oltre cinquant'anni, dal 1864 al 1921) per la realizzazione di quest'opera, stabilì un compenso di 1000 lire. Terminato però il quadro, il pittore chiese 1150 lire e questo mandò su tutte le furie il buon parroco, che pretese una spiegazione dal Gavazzeni per quella maggiorazione. Quest'ultimo rispose che l'incremento del prezzo era dovuto al fatto che aveva dovuto dipingere due angioletti in più, non previsti nel bozzetto iniziale e nel contratto.

La decima cappella è dedicata a S. Antonio da Padova e presenta una grande statua del santo che porta in braccio Gesù Bambino. Come ricorda una sbiadita scritta sulla destra, questa cappella venne restaurata nel 1882. La statua è circondata da 16 piccoli pannelli in rame, nei quali troviamo dipinte alcune scene della vita di S. Antonio e le immagini di otto santi (S. Francesco, S. Bernardino da Siena, S. Pasquale Bailon, S. Margherita da Cortona, S. Chiara, S. Lodovico, S. Pietro e S. Bonaventura). Questi 16 pannelli sono opera ottocentesca di Giovanni Gavazzeni.

L'organo della chiesa di S. Martino

Non sappiamo con certezza a quando risalga la posa nella chiesa di S. Martino del primo organo, quel che sappiamo è che già nel cinquecento era presente uno strumento musicale di questo tipo e nel seicento (ma anche nei secoli successivi) troviamo più volte testimonianze di riparazioni ed aggiustamenti, con le relative spese sostenute. Il contratto per il nuovo organo venne firmato nel 1848, con i fratelli Serassi, famosissimi costruttori di organi. Di fatto però, la costruzione del nuovo organo iniziò soltanto tre anni più tardi, lei 1851 e terminò nel luglio del 1852, Sempre nel luglio 1852 avvenne il collaudo da parte di un famoso organista e compositore bergamasco, padre Felice Morsetti. La spesa complessiva sostenuta per il nuovo organo risultò di circa 9000 lire, aIla quale si fece fronte con un contributo di 3000 lire da parte del comune e con un prestito di 5000 lire ottenuto dal sig. Botterini Giovanni al tasso annuo del 5 per cento. I lavori per la costruzione della cassa dell'organo e della cantoria furono eseguiti su disegno dell'ingegnere Ulisse Salis, dall'artigiano tiranese Francesco Bonacossa.

 

(tratto da: "Tirano e il suo Santuario" di Antonio Boscacci - 1993)

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Ultimo aggiornamento: 7 gennaio 2015

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